Il vino si può “udire”?
Ha molto da dire e lo si può ascoltare attraverso
le parole di chi viene abbondantemente innaffiato. Ne ha di parlantina, non
lui, ma chi lo beve.
Ma se il vino induce alla chiacchiera,
generalmente non induce alla chiacchiera sul vino.
Non si beve vino per passarne in rassegna i
colori, i sapori, per enumerarne gli aromi, anche se i sommelier e le persone
del settore lo fanno, ma è una licenza concessa solo a loro, perché loro
degustano.
Il vino, in verità, è conversazione, in qualsiasi
modo sia interpretato, è dialogo. Il vino è “il fiorire vegetativo della
conversazione” diceva Kierkegaard e bastano uno o
due bicchieri per sciogliere le briglie alla lingua.
In vino veritas: nel vino c’è la verità. Il vino
slaccia, slega, scioglie e una parte di verità c’è in questo proverbio latino,
anche se oggi, appare un po’ riduttivo. Infatti, oggi non si può più pensare
che l’uomo sia perennemente inibito nell’espressione delle proprie emozioni che
si allentano con un bicchiere di vino mezzo pieno o mezzo vuoto. Però, il vino
fa uscire da noi stessi verità nascoste, ambigue, a volte terribili. Fa dire
sempre di più di ciò che si vuol far sapere. È per questo motivo che esistono
gli astemi? L’astemio è colui che non beve vino o altro alcol, mai, per nulla
al mondo, per nessun motivo, senza compromessi. Ecco cosa ne pensava Baudelaire:
“Non è ragionevole pensare che le persone che non bevono mai vino, per istinto
o per calcolo, sono degli imbecilli o degli ipocriti?
Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere”.
Gli astemi sono coloro che si astengono da bere vino per proteggersi, è certo,
ma così facendo non capiscono che rinunciano a loro stessi, segregano la
propria anima, pentendosene alla fine. E noi bevitori o degustatori di vecchio
stampo, quando incontriamo un astemio siamo sempre pronti a chiedergli il
perché o il significato di tanta mortificazione; a che scopo chiudersi a tal
punto? Gli astemi non si concedono, non si donano. Rinunciano
a rendere libera la propria inibizione così cucita, stropicciata. Bere per
disinibirsi, sentirsi liberi di dire e provare ma l’astemio si sente libero di
suo e non vuole provare nulla e forse ha ragione lui. Bere non rende
necessariamente più felici ma si sa dove si va: si va altrove ma attenzione,
l’alcolismo è un vizio, un’intossicazione, una peste contemporanea.
Degustare e non bere è più giusto, più esatto ed
è un valore aggiunto alla nostra cultura. Degustare, dunque, perché se si è in
grado di godere di una buona bottiglia di vino, si gestirà meglio il controllo
degli impulsi. L’abuso di alcol rappresenta l’esatto contrario. Si ha difatti
difficoltà a controllare i propri impulsi riducendo l’auto-controllo. Tutto ciò
è negativo sia per il corpo sia per la mente. Per il corpo è negativo perché
alcune ore dopo si soffre di mal di testa, ottundimento, mal di stomaco e, a
lungo andare, si hanno problemi al fegato e altro. Per la mente, invece, è
negativo per il senso di colpa che si può provare, per aver detto o fatto
qualcosa che non si sarebbe mai detto o fatto nemmeno sotto tortura. Essere
disinibiti, spesso, può portare a pentimento. Il vino non lo fa, anzi, può
aiutare a rilassare, a decontrarre i muscoli del collo, ad alleggerire gli
animi in circostanze un po’ “tirate”, ad essere un filo più audaci e a
relazionarsi in situazioni social-mondane. Oppure semplicemente può aiutare ad
alleggerire le tensioni di una giornata intensa di lavoro. Bisogna gratificarsi
ogni tanto, anche a casa, da soli, con una buona bottiglia di vino senza che si
raggiunga l’annullamento della coscienza. Bisogna iniziare a bere vino come filosofia
di vita, come piacere di vita tanto da farne un’altra forma di gioia.
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